Strumenti finanziari derivati (opzioni Mib 30 Put e Call): nullità del contratto quadro e violazione delle regole di condotta
Strumenti finanziari derivati (opzioni Mib 30 Put e Call): nullità del
contratto quadro e violazione delle regole di condotta
Autore: Avv. Antonio Chicoli
Categoria Provvedimento: Derivati
Con decisione n. 12294/11, pubblicata in data 14 Novembre 2011, il Tribunale di Napoli, ha
sottolineato quanto per gli istituti di credito sia di notevole rilevanza il rispetto delle norme
contenute nel Testo Unico Finanziario e nei Regolamenti Consob, sia in fase contrattuale, che
durante tutto il corso delle singole operazioni di investimento.
Il caso de quo inerisce ad un istituto di credito che irrispettoso del dettame normativo, ha
negligentemente esposto i propri clienti ad operazioni rischiose ed oggettivamente rivolte a delle
prevedibili perdite, essendo mancate per le stesse, le giuste valutazioni del valore speculativo,
più che conservativo. Gli attori, infatti, si erano rivolti all’istituto di credito per operare in
strumenti finanziari derivati. In particolare, la maggior parte delle operazioni, di cui è causa,
ineriva all’acquisto ed alla vendita di opzioni Mib 30 Put e Call.
Si poneva all’attenzione del Tribunale che gli strumenti derivati sono caratterizzati da una
rischiosità molto elevata, il cui apprezzamento da parte dell’investitore è ostacolato dalla loro
complessità. In particolare, le opzioni sono contratti finanziari che danno al compratore il
diritto, ma non il dovere, di comprare, nel caso di opzioni call, o di vendere, nel caso di opzioni
put, una quantità determinata di un’attività finanziaria o reale sottostante (titoli azionari e
obbligazionari, indici azionari, tassi d’interesse, futures, valute, crediti, materie prime, energia,
metalli preziosi, merci, prodotti agricoli), ad un prezzo determinato, ad una data specifica
(opzioni di tipo europeo) oppure entro una data specifica (opzioni di tipo americano). E’ quindi
necessario che l’investitore concluda un’operazione avente ad oggetto tali strumenti, solo dopo
aver compreso la natura ed il grado di esposizione al rischio che essa comporta.
In virtù di tali operazioni, con cadenza giornaliera, durate per circa tre anni, gli investitori hanno
perso importi importanti e, pertanto, chiedevano che tutte le operazioni effettuate fossero
dichiarate nulle, per la violazione delle norme imperative (Decreto Legislativo 58/1998 e
Regolamento Consob n. 11522/98, Artt. 27,28,29,30,61 e 62, nonché Artt. 1418, 1175 e 1176
del Codice Civile).
Gli attori, in via preliminare, eccepivano la nullità del contratto quadro, in quanto non
sottoscritto dall’intermediario finanziario.
Tale deduzione, a parere del Tribunale, appariva fondata sul principio per cui è nullo per
violazione del requisito della forma scritta prescritta ad substantiam dall’art. 23 d. lgs. n.
58/98, il contratto quadro per la negoziazione di strumenti finanziari che sia stato sottoscritto
dalla sola parte che producendolo in giudizio ne abbia eccepito l’invalidità. E poiché gli ordini
di borsa traggono la loro origine ed efficacia dalla conclusione del contratto di negoziazione e
sono traducibili in atti di esecuzione del rapporto contrattuale, alla nullità del contratto quadro
consegue la nullità di tutti gli ordini impartiti in esecuzione dello stesso non essendo peraltro
ammissibile la convalida mediante esecuzione del negozio nullo.
Dall’esame del contratto quadro, allegato da parte attrice, risultava mancante la sottoscrizione
dell’intermediario finanziario. In effetti, come ha affermato il Giudicante, sposando le tesi degli
attori, la dicitura “Visto firmare”, apposta nei riquadri del contratto, aveva solo il valore di
certificare l’identità degli investitori, ma non rappresentava la sottoscrizione dell’intermediario,
munito di poteri rappresentativi.
Pertanto, mancando la sottoscrizione dell’istituto di credito, il contratto andava dichiarato nullo,
con l’effetto di dichiarare nulle tutte le operazioni di investimento in derivati.
Già ritenendo fondata la domanda per i motivi suindicati, il Tribunale ampliava la motivazione
della decisione, esaminando la propensione al rischio degli investitori. Anche in tal caso, preso
atto delle operazione rischiose in derivati e del profilo di rischio degli investitori, il Giudicante
riscontrava la violazione della normativa vigente, avendo l’istituto di credito erroneamente
profilato i clienti, confermando di non aver mai assunto informazioni specifiche, sia in materia
di propensione al rischio, sia in materia di situazione finanziaria, nonchè in merito agli obiettivi
di investimento. Neanche le registrazioni telefoniche delle operazioni, ascoltate in udienza e nel
corso della CTU, davano ragione alla banca, anzi, l’audio confermava l’inadeguatezza delle
operazioni e la negligenza dell’istituto di credito, nel non avere mai avvisato l’investitore di tale
inadeguatezza.