Orientamenti di merito sulla nullità del c.d. contratto quadro per vizio di forma
Come noto, ai sensi dell’art. 23 D.L.gs. n. 58/1998 (TUF), il contratto relativo alla prestazione dei servizi di investimento, c.d. “contratto quadro” o “master agreement”, che si traduce nel conferimento da parte di un cliente di un incarico gestorio alla Banca e che, quindi, ne disciplina in via generale le modalità di espletamento, deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità.
Una delle questioni più dibattute, connesse al rispetto di tale forma scritta, concerne l’onere probatorio all’interno di giudizi promossi dai clienti nei confronti delle banche e tesi a far valere la nullità dei contratti quadro, in assenza di valida sottoscrizione dell’istituto di credito. Al riguardo, discussa è l’applicabilità del principio, più volte ribadito dalla Cassazione, secondo cui, in tema di prove documentali, la produzione in giudizio di una scrittura privata ad opera della parte che non l’abbia sottoscritta costituisce equipollente della mancata sottoscrizione contestuale e pertanto perfeziona sul piano sostanziale e probatorio il contratto in essa contenuto - riconoscendosi in tale condotta l’effetto di una valida manifestazione di volontà, idonea a sopperire e ad integrare la mancata sottoscrizione - (cfr. ex multis, Cass. Civ., sez. III, n. 13584/2006).
In tal senso, atteso che la forma scritta, richiesta ad substantiam, appare elemento costitutivo del contratto stesso e che il documento deve contenere l’estrinsecazione diretta della volontà delle parti di concludere quel determinato negozio (Trib. Barcellona Pozzo di Gotto, 18.12.2013), è stato ritenuto non applicabile il richiamato principio espresso dalla Suprema Corte nel caso in cui la Banca produca in giudizio il contratto quadro dopo che la controparte-cliente abbia dedotto la nullità dello stesso, manifestando così l’inequivocabile volontà di revocare il proprio consenso negoziale (Corte App. Napoli, 19.12.2014, n. 1013; Trib. Roma, 01.12.2013; Trib. Bari, 20.11.2013). In ogni caso, la produzione in giudizio del contratto, ne provoca il perfezionamento solo con effetto ex nunc senza tuttavia sanare, con effetto retroattivo, la carenza originaria della forma scritta (Trib. Roma, 01.12.2013).
Posto che un contratto nullo non può essere sanato per comportamento concludente quando sia per esso richiesta la prova scritta, ne deriva che la manifestazione scritta della volontà di uno dei contraenti non può in nessun caso essere sostituita da una dichiarazione confessoria dell’altra parte o da comportamenti concreti tesi a dimostrare la validità dell’impegno che si pretende assunto (Trib. Forlì, 14.10.2013; Trib. Savona, 08.01.2014; Corte App. Venezia, 10.01.2015, n. 87); ad esempio, non valgono a sanare la mancanza di forma scritta del contratto quadro comportamenti quali l’acquisto dei titoli da parte della Banca, in qualità di intermediario (Trib. Messina, 28.01.2014) ovvero l’invio di estratti conto periodici, che del contratto costituiscono mera attuazione (Corte App. Napoli, 19.12.2014, n. 1013).
Secondo tali pronunce e, segnatamente, secondo la citata Corte App. Napoli, la forma scritta del contratto quadro non sarebbe rispettata nemmeno quando sullo stesso sia apposta la mera sigla del funzionario in grado di impegnare la banca, priva di ogni caratteristica peculiare, e sganciata, topograficamente, da altri elementi che valgano ad imputarne tipicamente la riferibilità al soggetto rappresentato. In questo caso, infatti, non intervenendo la spendita del nome della Banca, la paternità della sigla rimarrebbe del tutto sconosciuta, con il risultato che la stessa non potrebbe in nessun caso costituire valida sottoscrizione del contratto, che risulta, pertanto, privo di valida forma scritta (Corte App. Napoli, 19.12.2014, n. 1013).