Responsabilità dell'intermediario finanziario (Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Prima Sezione Civile, Sentenza del 12.07.2017)

Responsabilità dell

Non è sufficiente, per ritenere assolti gli obblighi informativi che gravano sull’intermediario finanziario, aver fornito e fatto sottoscrivere al cliente con propensione al rischio medio-bassa una serie di documenti, pur in osservanza delle disposizioni del T.U.F., qualora a ciò non si accompagni un’effettiva attività di informazione del cliente tesa a consentirne la formazione di una volontà pienamente consapevole, che tenga conto, in particolare, della concreta propensione al rischio desumibile anche da investimenti pregressi.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Il giudice

dott. Luca Caputo

nel procedimento r.g.n. 6290/2014 avente ad oggetto: altri contratti atipici

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

TRA

B. FRANCESCO e R. MARIA, rappresentati e difesi, in virtù di procura a margine dell’atto di citazione, dall’avv. *

ATTORI

E

POSTE ITALIANE S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, in virtù di procura generale alle liti allegata, dall’avv. * ed elettivamente domiciliata presso Poste Italiane S.p.A., Direzione Affari Legali di Napoli, alla Piazza Matteotti n. 2

CONVENUTA

CONCLUSIONI: come da rispettivi atti introduttivi e da verbale di udienza di precisazione delle conclusioni del 27.03.2017

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il fatto

I coniugi B. Francesco e R. Maria, premesso di essere titolari di un titolo postale scaduto, dichiaravano di essersi recati presso l’Ufficio Postale di P., nel mese di luglio 2016, per esigerne la liquidazione. In tale occasione i dipendenti della società convenuta, persone dai coniugi direttamente conosciute, consigliavano di impiegare il denaro ricevuto dalla liquidazione in un investimento in titoli postali emessi dalla stessa società Poste Italiane

descritto come “sicuro e molto redditizio”, con alto tasso di interesse, esigibilità immediata e garanzia di intangibilità del capitale investito; che essi, persone di bassa scolarità e con nessuna conoscenza in tema di prodotti finanziari, persuasi dalle parole dei dipendenti di Poste Italiane, decidevano di accettare l’ investimento suggerito sottoscrivendo una proposta di acquisto per euro 25.000,00 di numero dieci quote, ognuna del valore di euro 2.500,00, del fondo patrimoniale IRS (Invest Real Security) gestito non direttamente dalla società convenuta, diversamente da come era stato illustrato ai coniugi B. e R., bensì da una diversa società denominata Beni Stabili Gestioni S.p.a; che, nonostante le parole degli operatori addetti alla pratica, nessun contratto veniva loro consegnato; che nel luglio 2013, a dieci anni dall’investimento, si presentavano presso la filiale di P. per chiedere la liquidazione dei titoli ma apprendevano che il controvalore era di molto inferiore alla somma inizialmente impiegata. A questo punto gli attori chiedevano la liquidazione del capitale residuo tramite accredito sul conto corrente agli stessi intestato, ma alcuni giorni dopo si accorgevano, recatisi nuovamente presso lo sportello delle Poste, che l’operazione di accredito non veniva eseguita. Alla luce di quanto descritto, lamentavano di aver subìto un danno in conseguenza dell’omessa e/o carente attività di informazione sui rischi finanziari connessi alla peculiare natura dell’investimento IRS proposto, operazione particolarmente complessa e di difficile comprensione soprattutto avendo riguardo alle caratteristiche soggettive degli investitori, persone con bassa scolarità ed evidentemente sprovvisti dei mezzi per comprendere le dinamiche finanziarie di prodotti particolarmente rischiosi, avendo loro sempre e solo in passato investito i risparmi in modo “sicuro” ossia in buoni fruttiferi o libretti di risparmio. In particolare, deducevano gli attori che era stata consegnata loro solamente una cd. brochure che non conteneva indicazioni specifiche sulla natura e la gestione dell’investimento, per cui Poste Italiane, quale intermediario e collocatore delle quote sul mercato, non aveva adempiuto al proprio obbligo ex legem di una puntuale e completa informativa sui rischi dell’investimento proposto (Regolamento n. 11522/1998 e s.m.) che prevede la consegna di un contratto analitico sulle caratteristiche dell’investimento, sulla qualità degli operatori, sui rischi, sulle modalità di rimborso e di liquidazione tenendo conto dell’appropriatezza del cliente. (Disciplina n. 16190 del 29.10.2007). In particolare, il danno subito di cui hanno chiesto il risarcimento è pari ad € 15.000,00, ossia alla differenza tra il valore attuale della quota, di circa € 10.000,00 e l’importo della somma vincolata, pari ad € 25.000,00

Alla luce di ciò hanno chiesto la condanna nei confronti di Poste Italiane al pagamento di euro 18.000,00 a fronte del danno patrimoniale subito, con vittoria di spese con attribuzione.

Costituitasi in giudizio, Poste Italiane ha dedotto l’infondatezza della domanda, evidenziando che i coniugi B. e R. contestualmente all’acquisto di numero dieci quote del fondo immobiliare IRS, sottoscrivevano contratto di servizi di investimento, unitamente a tutti i moduli contenenti ogni espressa informazione sull’investimento in oggetto; che sul modulo d’ordine titoli era chiaramente specificato che l’ordine “si riferisce a titoli a rischio e si autorizza comunque ad eseguirlo” per cui l’investimento sarebbe stato gestito nel rispetto delle regole normative previste.

Nel corso del giudizio veniva espletata attività istruttoria mediante escussione dei testimoni indicati da parte attrice e da parte convenuta nonché interrogatorio formale delle parti. La causa era rinviata per la precisazione delle conclusioni ed all’udienza del 27.03.2017 assegnata in decisione con la concessione dei termini ordinari per il deposito di memorie conclusionali e di replica.

LA DECISIONE

1. Nel merito la domanda è fondata e va accolta nei termini che seguono.

In primo luogo la controversia va inquadrata nella tematica relativa alla responsabilità addebitabile alla società convenuta nel vendere uno strumento finanziario e, a tal fine, va considerata la disciplina degli obblighi informativi che grava sull’intermediario finanziario che colloca i titoli sul mercato, ruolo svolto, nel caso di specie, da Poste Italiane S.p.A.

La materia è disciplinata dal d.lgs. 58/98 (T.U. delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria o T.U.F.) e dal Regolamento di attuazione, emanato dalla Consob, che contengono le regole tecniche dell’attività degli intermediari finanziari. All’art. 28 del Regolamento n. 11522 del 1° luglio 1998 è fornita la disciplina degli obblighi informativi che devono essere rispettati tra gli intermediari e gli investitori: gli intermediari autorizzati devono anzitutto ottenere informazioni sull’esperienza in materia di investimenti del soggetto interessato a compiere l’operazione e sulla sua propensione al rischio e devono consegnare tutto il materiale informativo atto a far comprendere al “contraente debole” i rischi e le caratteristiche del prodotto finanziario che stanno acquistando verificando che il cliente “(…) abbia compreso le caratteristiche essenziali dell'operazione proposta, non solo con riguardo ai relativi costi e rischi patrimoniali, ma anche con riferimento alla sua adeguatezza in rapporto alla situazione dell'investitore” (art. 96, 3 comma, del citato Regolamento Consob).

La specificazione di particolari oneri informativi a carico dell’intermediario è giustificata dalla asimmetria informativa peculiare di questo tipo di rapporto contrattuale in cui vi è, da un lato, l’operatore professionale che possiede informazioni specifiche sul prodotto finanziario immesso sul mercato, e dall’altro il cliente - non appartenente alle categorie di professionisti - che non è dotato degli strumenti idonei a comprendere le caratteristiche tecniche dell’investimento. È proprio per ovviare a questo fisiologico dislivello esperienziale che il legislatore prevede, a tutela dell’investitore, la necessità di informazioni dettagliate da fornire al cliente in modo tale che questi possa compiere una scelta consapevole.

Il contenuto di tali obblighi e la relativa estensione sono stati ulteriormente precisati dalla più recente giurisprudenza che ha specificato che il dovere di informativa non può ritenersi adempiuto qualora le informazioni messe a disposizione del cliente non abbiano il carattere dell’adeguatezza e della effettività. A tal riguardo, infatti, la mera clausola di stile inserita in un contratto di investimento predisposto dalla banca e firmato dal cliente che riporta la dicitura “si conferma l'operazione non adeguata, come da voi comunicato" non è idonea a dare la prova di aver adeguatamente informato il cliente e di averlo reso edotto sui rischi dell’operazione (così Cassazione Civile, sez. I, n. 10161/2016); tale decisione è particolarmente rilevante perché evidenzia come, nella materia in questione, si attribuisca peso decisivo al dato sostanziale dell’informazione resa all’investitore.

In quest’ottica, che attribuisce rilievo preminente al dato sostanziale della natura e della qualità dell’informazione fornita rispetto a quello formale della documentazione sottoscritta, si è affermato che “l'intermediario può fornire le indicazioni informative impostegli dalle norme degli artt. 28 comma 2 e 29 comma 3 anche in modo verbale, senza necessario rispetto di vincoli formali di sorta“ (cfr. Cass., 15 novembre 2016, n. 23268). Con l’ulteriore importante specificazione che “non è meno indiscutibile che la prova di avere assolto i relativi obblighi rimane preciso, e specifico, onere a carico dell'intermediario medesimo” (Cass., 23 settembre 2016, n. 18702).

Da ciò consegue che, per assolvere agli obblighi in parola, occorre che l’intermediario abbia posto in essere una condotta idonea e funzionale alla consapevolizzazione effettiva del cliente non essendo a tal fine sufficiente l’introduzione nel contratto di una frase standard che autorizzi l’operazione a fronte di una sommaria e non provata informativa ricevuta dal cliente e da questi successivamente contestata. E tale prova deve essere fornita dall’intermediario stesso.

2. Applicando tali principi al caso di specie deve osservarsi che risulta ancora maggiore la diligenza professionale richiesta alla società convenuta in considerazione delle peculiari caratteristiche soggettive e oggettive del rapporto tra le parti: innanzitutto tenendo conto del rapporto di fiducia su cui fa affidamento il comune cittadino nei confronti della società Poste Italiane – da molti ancora considerata, pur dopo il processo di privatizzazione, quasi alla stregua di una costola del sistema statale e quindi ritenuta più sicura ed attenta ai piccoli risparmiatori rispetto ai tradizionali istituti bancari – e in secondo luogo,

IL CASO.it

considerando la limitata e ridotta esperienza degli attori e la loro evidente bassa propensione al rischio. I coniugi B. e R., così come adeguatamente provato durante l’istruttoria svolta, risultano essere persone di bassa scolarizzazione, sprovvisti degli elementari strumenti per comprendere i meccanismi dell’alea caratterizzante gli investimenti immobiliari – quale è il fondo di investimento IRS - in cui incautamente, su proposta degli operatori dipendenti della società convenuta, hanno investito i risparmi della vita guadagnati emigrando in Svizzera e lavorando come operai. Peraltro, dalla documentazione prodotta risultano investimenti pregressi in buoni postali, e quindi il ricorso a forme di investimento sicure e scarsamente redditizie. Inoltre, sul punto deve anche osservarsi che la Suprema Corte più volte ha sottolineato l’esigenza di vendere ad ogni cliente un prodotto adeguato rispetto al proprio “profilo di rischio”, valutazione che deve essere attuale a ciò non essendo sufficiente neanche la circostanza che il cliente abbia in passato investito in prodotti rischiosi, a maggior ragione, la società Poste Italiane avrebbe dovuto tenere in considerazione che prima di allora i coniugi B. e R. avevano sottoscritto sempre e solo buoni fruttiferi e libretti di risparmio, prodotti notoriamente caratterizzati da un rischio di perdita del capitale investito pressoché inesistente.

Per quanto attiene al profilo dell’onere della prova dell’informativa fornita, questo è posto a carico della società di intermediazione finanziaria: a norma dell'art. 23, comma 6, del T.u.f., "nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta", “Questa Corte ha chiarito come dev'essere ripartito l'onere della prova: l'investitore deve allegare l'inadempimento dell'intermediario alle obbligazioni scaturenti dal contratto di negoziazione, dal t.u.f. e dalla normativa secondaria, nonché fornire la prova del danno e del nesso di causalità fra questo e l'inadempimento, anche sulla base di presunzioni; l'intermediario, a sua volta, deve provare l'avvenuto adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico, allegate come inadempiute dalla controparte e, sotto il profilo soggettivo, di avere agito "con la specifica diligenza richiesta" (Cass. n. 3773 del 2009, n. 22147 del 2010).

Dalla documentazione allegata ai fascicoli di parte emerge che gli attori hanno allegato ed anche dimostrato l’inadempimento della società convenuta provando che i dipendenti addetti all’operazione hanno fornito verbalmente informazioni diverse dal prospetto che poi è stato fatto firmare ai coniugi B. e R.. In particolare, è emerso dalla prova testi che gli addetti agli sportelli postali hanno rassicurato gli attori della sicurezza dell’investimento sottolineando che si trattava di prodotti emessi dalla società Poste Italiane: questa circostanza in particolare ha fondato l’affidamento dei signori B. e R. a cui non è stato specificato che il fondo IRS, di cui si accingevano a comprare dieci quote, aveva natura di fondo immobiliare e dunque, come tale, era strettamente connesso all’andamento del mercato immobiliare che già in quegli anni iniziava a registrare flessioni al ribasso. Ancora, veniva consegnato ai clienti solamente una brochure (cfr. allegato n.8 fascicolo di parte attrice) che non forniva informazione specifiche sulle caratteristiche e sui rischi dell’investimento. La circostanza non risulta essere smentita dai testi di parte convenuta, che hanno riportato la generale abitudine degli operatori dell’ufficio postale di consegnare un fascicolo voluminoso ai clienti ma che non hanno saputo riferire circostanze specifiche sul punto, dimostrando quindi che lo stesso sia stato effettivamente consegnato agli attori all’atto della stipula del contratto. In particolare, il teste citato da parte convenuta V., che si era occupato materialmente della pratica, in più punti ha dichiarato di non ricordare i dettagli dell’operazione.

Alla luce di ciò, quindi, tenuto conto anche dei più recenti arresti giurisprudenziali innanzi citati della Suprema Corte, che pongono l’accento sul dato sostanziale dell’effettuazione di un’informazione preventiva specifica, calibrata sull’investitore ed esplicita, rispetto alla quale non assume rilievo decisivo il dato meramente formale della consegna di documentazione, non può dirsi che la società convenuta abbia ottemperato all’onere di provare di aver tenuto un comportamento idoneo ad esonerarla da responsabilità. Essa, IL CASO.it

infatti, allega, a supporto della propria ricostruzione, alcuni “Moduli di ordine titoli” che presentano la formula “pur essendo informato che l’ordine si riferisce ad titolo soggetto a capital gain si autorizza comunque ad eseguirlo”, dicitura che, come già sopra specificato, si risolve in una formula vuota priva di efficacia probatoria sulla effettività dell’informativa data. Si tratta, inoltre, di una dicitura intrisa di un tecnicismo difficilmente comprensibile al cittadino medio che non possiede conoscenze né esperienze finanziarie.

Inoltre, il contratto di collocamento così come allegato in copia fotostatica dalla società convenuta risulta agli atti di non chiara leggibilità, avendo la convenuta prodotto una fotocopia in più parti sbiadita e quindi non comprensibile nel suo contenuto, e cui quindi non può essere attribuito rilievo ai fini della prova liberatoria richiesta (cfr. documento 1 allegato A fascicolo di parte convenuta); anche il modulo denominato “Documento sui rischi generali dell’investimento” (cfr. documento 1, fascicolo di parte convenuta) pur firmato dai coniugi, ugualmente si risolve in una dichiarazione generale di aver ricevuto le informazioni previste dal regolamento Consob, informazioni che però non sono provate.

Dunque, è emerso dall’attività istruttoria compiuta nel corso del giudizio che la società Poste Italiane non ha fornito agli investitori una adeguata informazione in concreto dal momento che efficacia esimente può avere solo l’aver fatto sottoscrivere un testo recante informazioni dettagliate e specifiche “in modo tale che essi [i clienti] siano sempre adeguatamente informati” (D.lgs. n. 58 del 1998, art. 21 comma 1, lett. b).

3. Per quanto attiene alla quantificazione del diritto al risarcimento chiesto dagli attori in virtù della violazione degli obblighi informativi da parte della società Poste Italiane, essa va effettuata tenendo conto della differenza tra l’importo investito (10 quote da 2.500,00 € pari a complessivi € 25.000,00) e quello corrispondente al valore attuale dei titoli acquistati (pari a circa € 10.000,00), come risulta dal listino aggiornato prodotto dagli attori e non specificamente contestato da parte convenuta, e quindi in € 15.000,00. Sul punto non può prendersi in esame quanto prospettato da parte attrice, che ha dedotto che Poste Italiane avrebbe riconosciuto un valore attuale di € 600,00, trattandosi di circostanza dedotta per la prima volta in memoria conclusionale - che, com’è noto, ha funzione esclusivamente riepilogativa e riassuntiva delle vicende processuali - e di cui non viene comunque fornita alcuna documentazione.

Alla luce di ciò, Poste Italiane s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, va condannata al pagamento di € 15.000,00 in favore di B. Francesco e R. Maria, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo, a titolo di risarcimento danni.

4. Le spese processuali queste seguono la soccombenza e sono liquidate d’ufficio ai sensi del D.M. 55/14, applicando i valori medi dello scaglione di riferimento (fino ad € 26.000,00), tenuto conto della natura della controversia, delle ragioni della decisione e dell’attività processuale svolta. Le spese sono liquidate con attribuzione al procuratore antistatario avv.to R. che ne ha fatto richiesta.

P.Q.M.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando sulla domanda r.g.n. 6290/2014 come innanzi proposta, così provvede:

1. accoglie la domanda e, per l’effetto, condanna Poste Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore dei coniugi B. Francesco e R. Maria, di € 15.000,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

2. condanna Poste Italiane S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese processuali in favore dei coniugi B. Francesco e R. Maria, che liquida in € 246,00 per spese vive ed € 4.835,00 per compenso professionale ex D.M. 55/14, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali del 15% come per legge, con attribuzione al procuratore antistatario avv.to R.

S. Maria C.V., 11.07.2017

Il giudice

dott. Luca CAPUTO