OBBLIGHI INFORMATIVI E REGOLE DI CONDOTTA (Avv. Antonio Chicoli)
- Le regole di condotta dell’intermediario
L’intermediario, bancario o finanziario, al quale il risparmiatore affida il proprio risparmio, deve averne attenta cura, più che se fosse il proprio: questi gestisce l'interesse del cliente quale fiduciario dello stesso e il cliente si affida perciò alla sua lealtà, correttezza ed esperienza. L'intermediario è dunque tenuto ad agire con la specifica diligenza - professionale - che l'incarico richiede, garantendo una corretta, completa e costante informazione, essenziale affinché l'investitore assuma consapevoli decisioni in merito al proprio risparmio.
Al fine di meglio orientare il cliente nelle scelte di investimento, l'intermediario è altresì tenuto ad acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati.
Principio consolidato della disciplina degli intermediari mobiliari vuole che le regole di condotta subiscano una "gradazione" in ragione della qualità di investitore professionale, controparte qualificata, o meno del destinatario del servizio di investimento. In presenza perciò di una controparte professionale - intendendo per tale una controparte in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazione in strumenti finanziari - alcune regole di comportamento non trovano, di norma, applicazione.
CONTENUTO DEI DOVERI INFORMATIVI POSTI A CARICO DELL'INTERMEDIARIO EX ART. 21 E 23 DEL TUF ED ARTT. 26 – 27 – 28 -29 – 30 – 31 DEL REGOLAMENTO CONSOB N. 11522/98 IN ATTUAZIONE DEL TUF
È il risparmiatore, che si determini ad investire il proprio risparmio in strumenti finanziari, a decidere in ultima analisi quale investimento effettuare tra quelli proposti dall'intermediario; su di lui perciò grava - e non già sull'intermediario - il rischio (di insolvenza dell'emittente, di perdita del capitale eccetera) connesso all'investimento. In questo contesto, l'intermediario svolge il ruolo di orientare il cliente-risparmiatore nelle scelte di investimento, sì da metterlo in condizione di assumere decisioni consapevoli in merito al proprio risparmio. Per fare ciò, egli è tenuto ad un duplice onere informativo che si sostanzia nei doveri di "informarsi" e di "informare".
Per comprendere appieno il significato di questa espressione occorre verificare i canoni comportamentali disposti dall'art. 21 del Testo Unico della Finanza (di seguito anche Tuf), che impone agli intermediari di «comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati» (comma 1, lett. a) e al contempo di «acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati» (comma 1, lett. b).
Queste regole hanno ad oggetto la regolamentazione dell'intero rapporto contrattuale, per come si articola nelle diverse fasi dalla precontrattuale alla esecutiva: con la disciplina sui conflitti di interessi, ex art. 21, comma 1, lett. c), Tuf e gli obblighi di forma scritta, ex art. 23 Tuf, si ha riguardo alla fase negoziale, mentre l'obbligo di diligenza, previsto dall'art. 21, comma 1, lett. a), attiene a quella esecutiva. Trovano attuazione in più momenti del rapporto instáurato con l'investitore i principi di correttezza e trasparenza, richiamati dal legislatore nell'art. 21, ai quali si può peraltro riconoscere una capacità di generale applicazione.
Il Tuf in riepilogo:
- Comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati, classificando sulla base di criteri generali minimi definiti con regolamento dalla Consob, il grado di rischiosità dei prodotti finanziari e delle gestioni di portafogli d'investimento.
- Rispettare il principio dell'adeguatezza fra le operazioni consigliate agli investitori, o effettuate per conto di essi, e il profilo di ciascun cliente, determinato sulla base della sua esperienza in materia di investimenti in prodotti finanziari, della sua situazione finanziaria, dei suoi obiettivi d'investimento e della sua propensione al rischio, salve le diverse disposizioni espressamente impartite dall'investitore.
- Acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati.
- Disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi.
- I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti.
Tuttavia a parziale deroga di quanto previsto nel primo comma dell'art. 23 Tuf, il secondo comma dello stesso articolo stabilisce che la Consob, sentita la Banca d'Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo.
Art. 26 - Regole generali di comportamento
1. Gli intermediari autorizzati, nell'interesse degli investitori e dell'integrità del mercato mobiliare:
a) operano in modo indipendente e coerente con i principi e le regole generali del Testo Unico;
b) rispettano le regole di funzionamento dei mercati in cui operano;
c) si astengono da ogni comportamento che possa avvantaggiare un investitore a danno di un altro;
d) eseguono con tempestività le disposizioni loro impartite dagli investitori;
e) acquisiscono una conoscenza degli strumenti finanziari, dei servizi nonché dei prodotti diversi dai servizi di investimento, propri o di terzi, da essi stessi offerti, adeguata al tipo di prestazione da fornire;
f) operano al fine di contenere i costi a carico degli investitori e di ottenere da ogni servizio d'investimento il miglior risultato possibile, anche in relazione al livello di rischio prescelto dall'investitore.
Art. 27 - Conflitti di interessi
1. Gli intermediari autorizzati vigilano per l'individuazione dei conflitti di interessi.
2. Gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni con o per conto della propria clientela se hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo, dalla prestazione congiunta di più servizi o da altri rapporti di affari propri o di società del gruppo, a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l'investitore sulla natura e l'estensione del loro interesse nell'operazione e l'investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto all'effettuazione dell'operazione. Ove l'operazione sia conclusa telefonicamente, l'assolvimento dei citati obblighi informativi e il rilascio della relativa autorizzazione da parte dell'investitore devono risultare da registrazione su nastro magnetico o su altro supporto equivalente.
3. Ove gli intermediari autorizzati, al fine dell'assolvimento degli obblighi di cui al precedente comma 2, utilizzino moduli o formulari prestampati, questi devono recare l'indicazione, graficamente evidenziata, che l'operazione è in conflitto di interessi.
Art. 28 - Informazioni tra gli intermediari e gli investitori
1. Prima della stipulazione del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e dell'inizio della prestazione dei servizi di investimento e dei servizi accessori a questi collegati, gli intermediari autorizzati devono:
a) chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L'eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall'investitore;
b) consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari.
2. Gli intermediari autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento.
3. Gli intermediari autorizzati informano prontamente e per iscritto l'investitore appena le operazioni in strumenti derivati e in warrant da lui disposte per finalità diverse da quelle di copertura abbiano generato una perdita, effettiva o potenziale, pari o superiore al 50% del valore dei mezzi costituiti a titolo di provvista e garanzia per l'esecuzione delle operazioni. Il valore di riferimento di tali mezzi si ridetermina in occasione della comunicazione all'investitore della perdita, nonché in caso di versamenti o prelievi. Il nuovo valore di riferimento è prontamente comunicato all'investitore. In caso di versamenti o prelievi è comunque comunicato all'investitore il risultato fino ad allora conseguito.
4. Gli intermediari autorizzati informano prontamente e per iscritto l'investitore ove il patrimonio affidato nell'ambito di una gestione si sia ridotto per effetto di perdite, effettive o potenziali, in misura pari o superiore al 30% del controvalore totale del patrimonio a disposizione alla data di inizio di ciascun anno, ovvero, se successiva, a quella di inizio del rapporto, tenuto conto di eventuali conferimenti o prelievi. Analoga informativa dovrà essere effettuata in occasione di ogni ulteriore riduzione pari o superiore al 10% di tale controvalore.
5. Gli intermediari autorizzati mettono sollecitamente a disposizione dell'investitore che ne faccia richiesta i documenti e le registrazioni in loro possesso che lo riguardano, contro rimborso delle spese effettivamente sostenute.
Art. 29 - Operazioni non adeguate
1. Gli intermediari autorizzati si astengono dall'effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione.
2. Ai fini di cui al comma 1, gli intermediari autorizzati tengono conto delle informazioni di cui all'articolo 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati.
3. Gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora l'investitore intenda comunque dare corso all'operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l'operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.
Art. 30 - Contratti con gli investitori
1. Gli intermediari autorizzati non possono fornire i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto; una copia di tale contratto è consegnata all'investitore.
2. Il contratto con l'investitore deve:
a) specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche;
b) stabilire il periodo di validità e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le modificazioni del contratto stesso;
c) indicare le modalità attraverso cui l'investitore può impartire ordini e istruzioni;
d) prevedere la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire all'investitore a rendiconto dell'attività svolta;
e) indicare e disciplinare, nei rapporti di negoziazione e ricezione e trasmissione di ordini, le modalità di costituzione e ricostituzione della provvista o garanzia delle operazioni disposte, specificando separatamente i mezzi costituiti per l'esecuzione delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati e warrant;
f) indicare le altre condizioni contrattuali eventualmente convenute con l'investitore per la prestazione del servizio.
3. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alla prestazione dei servizi:
a) di collocamento, ivi compresi quelli di offerta fuori sede e di promozione e collocamento a distanza;
b) accessori, fatta eccezione per quelli di concessione di finanziamenti agli investitori e di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari.
Art. 31 - Rapporti tra intermediari e speciali categorie di investitori
1. A eccezione di quanto previsto da specifiche disposizioni di legge e salvo diverso accordo tra le parti, nei rapporti tra intermediari autorizzati e operatori qualificati non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, comma 1, fatta eccezione per il servizio di gestione, e commi 2 e 3, 32, commi 3, 4 e 5, 37, fatta eccezione per il comma 1, lettera d), 38, 39, 40, 41, 42, 43, comma 5, lettera b), comma 6, primo periodo, e comma 7, lettere b) e c), 44, 45, 47, comma 1, 60, 61 e 62.
2. Per operatori qualificati si intendono gli intermediari autorizzati, le società di gestione del risparmio, le SICAV, i fondi pensione, le compagnie di assicurazione, i soggetti esteri che svolgono in forza della normativa in vigore nel proprio Stato d'origine le attività svolte dai soggetti di cui sopra, le società e gli enti emittenti strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, le società iscritte negli elenchi di cui agli articoli 106, 107 e 113 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, i promotori finanziari, le persone fisiche che documentino il possesso dei requisiti di professionalità stabiliti dal Testo Unico per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società di intermediazione mobiliare, le fondazioni bancarie, nonché ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante.
Sono queste regole che danno espressione ai principi generali di correttezza e buona fede previsti dal Codice civile agli artt. 1175, 1176 e 1337 e che il legislatore ha inteso individuare espressamente nel Tuf in ragione della specialità della materia finanziaria e del particolare rapporto che si instaura tra intermediario e cliente, a sottolineare cioè il ruolo di fiduciario svolto dall'intermediario e, al contempo, salvaguardare la fiducia che gli investitori ripongono nello stesso allorché gli affidano la cura dei loro interessi.
IL DOVERE DI INFORMARE LA CLIENTELA
L'intermediario è tenuto ad agire con diligenza: si tratta evidentemente della diligenza del professionista (ex art. 1176, comma 2, cod. civ.), ossia della diligenza qualificata dal maggior grado di prudenza ed attenzione rispetto alla diligenza del bonus pater familias, che la professionalità del servizio di intermediazione svolto consente di attendersi. La diligenza - intesa quale impiego di quella misura di sforzo ed impegno che nell'ordine naturale delle cose dovrebbe portare al risultato - diviene, nell'interpretazione dottrinaria, parametro per determinare la prestazione dovuta, misura dell'adempimento: essa in altre parole, assolve al compito di specificare il comportamento dovuto (tanto più esteso quanto più la prestazione è generica) e di individuare gli atti da compiere per soddisfare l'interesse dell'avente diritto, quale limite della discrezionalità dell'incarico.
Il già citato art. 21 Tuf impone all'intermediario, scelto appunto dal cliente in ragione delle sue qualità professionali per curare un proprio interesse, di agire osservando il canone di correttezza e dunque nel rispetto dei conseguenti obblighi integrativi di "cautela, oculatezza ed avvedutezza", a salvaguardia e protezione dell'utilità e della sfera patrimoniale del cliente.
Si richiede, infine, che il rapporto contrattuale sia trasparente, laddove la trasparenza viene intesa quale aspetto o qualificazione dell'informazione resa dall'intermediario al cliente. Informazione che il risparmiatore, per esperienza, per cultura o per diverso campo lavorativo, non ha e che gli consente di addivenire a un giudizio completo e ponderato sull'operazione finanziaria che sottoscrive.
Questi obblighi interessano sia la fase precontrattuale del rapporto, sia quelle successive di formazione e di esecuzione del negozio giuridico.
La voluntas legis riposa in ciò che non siano suscitati falsi affidamenti nel cliente e che i suoi interessi siano costantemente preservati (tramite appunto la previsione di obblighi di protezione) nel corso del rapporto contrattuale.
IL DOVERE DI INFORMARSI SULLE ESIGENZE DELL'INVESTITORE E SULLE SUE ATTITUDINI
Sull'intermediario grava, come si è detto, l'ulteriore e speculare obbligo di "informarsi" (cfr. art. 21, comma 1, lett. b), Tuf).
Vengono in considerazione i principi, di matrice anglosassone, del know your customer rule e della suitability rule.
Partendo dall'assunto che il cliente è la parte debole e meno informata del rapporto negoziale, il Testo Uunico impone all'intermediario l'obbligo di acquisire le informazioni sulle specifiche esigenze di rischio dell'investitore e le sue attitudini ad investire in strumenti più o meno rischiosi (know your customer rule): egli dovrà cioè chiedere all'investitore, prima della stipula del contratto di gestione e di consulenza ovvero della prestazione dei servizi di investimento, notizie circa «la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio».
Nei fatti accade che l'acquisizione di informazioni dal cliente si riduca ad un mero adempimento formale dell'intermediario, il quale si limita a sottoporre all'attenzione del cliente le schede informative o i questionari Consob, senza indagare sulla sua effettiva propensione al rischio.
Questi documenti non possono di per sé ritenersi sufficienti a soddisfare l'esigenza di tutela del risparmiatore prevista dal Testo Unico: si tratta infatti di un'informativa generica, inidonea a garantire quella conoscenza concreta che l'intermediario deve assicurare, al fine di rendere il cliente capace di tutelare il proprio interesse e di assumersi consapevolmente i rischi dell'investimento compiuto.
Posto poi che queste informazioni, a mente del citato art. 21 Tuf, devono essere improntate ai criteri di "adeguatezza" e di "necessarietà", l'intermediario è tenuto a rapportare il contenuto dell'informazione acquisita agli investimenti offerti, in modo da eseguire operazioni adeguate al singolo cliente (suitability rute), garantendo, in ogni fase del rapporto, un servizio professionale e trasparente.
All'intermediario, in altre parole, è fatto divieto di effettuare con o per conto dell'investitore operazioni non adeguate al suo profilo di rischio per tipologia, oggetto, frequenza e dimensione. Vieppiù egli è tenuto a segnalare l'inadeguatezza dell'operazione anche quando la richiesta proviene dal cliente, mettendolo in condizione di verificare le ragioni che non rendono opportuna l'esecuzione dell'operazione richiesta: con il limite, ovviamente, che se l'investitore è comunque intenzionato a darvi corso, l'intermediario sarà legittimato ad eseguirla, avendo cura di farsi rilasciare la conferma dal cliente con specifiche formalità.
L'assolvimento dell'onere in questione presuppone evidentemente che l'intermediario abbia già acquisito adeguate informazioni sui prodotti finanziari offerti ed oggetto di valutazione (c.d. know your merchandise rule).
Tra le due regole, conoscenza del cliente e degli strumenti e adeguatezza, intercorre un rapporto di strumentalità, sì che all'investitore sia garantita, attraverso un sistema dinamico, continua e tempestiva consapevolezza circa l'operatività su strumenti finanziari. Tanto è vero che l'intermediario non è esonerato dall'obbligo di valutare l'adeguatezza dell'operazione, neanche nel caso in cui l'investitore abbia rifiutato di fornire le informazioni sulla propria situazione patrimoniale o finanziaria, sugli obiettivi di investimento e sulla propensione al rischio.
Dottrina e giurisprudenza concordano sul fatto che, in questo caso, la valutazione andrà condotta in ossequio ai principi generali di correttezza, diligenza e trasparenza, tenendo conto di tutte le notizie di cui l'intermediario sia in possesso (per esempio, età, professione, presumibile propensione al rischio anche alla luce dalla pregressa e abituale operatività, situazione del mercato eccetera).
L'intermediario, perciò, sarà chiamato a rispondere per violazione della regola di adeguatezza quando non abbia utilizzato, con la diligenza del professionista, tutti i mezzi e gli accorgimenti necessari per realizzare l'attività di investimento nell'interesse del cliente.
- “Visclose or abstain” in ipotesi di conflitto di interessi
Momento centrale di protezione del cliente dal rischio di abusi da parte dell'intermediario è la disciplina del conflitto di interessi.
Tradizionalmente, la dottrina distingue tra conflitto d'interesse intrinseco ed estrinseco:
il primo deriva dalla fisiologica contrapposizione di interessi che ciascuna parte del rapporto intende perseguire (il cliente ha interesse ad ottenere il miglior servizio e l'intermediario ad operare secondo le sue migliori convenienze operative);
il secondo, invece, indica la situazione in cui versa l'intermediario che, esercitando una pluralità di funzioni, è condizionato nella decisione dell'investimento da un interesse diverso da quello che avrebbe seguito se avesse svolto in via esclusiva quell'unica attività.
Si distinguono così le regole di organizzazione interna, che la società deve darsi, dalle regole di comportamento facenti capo all'intermediario che versa in situazione di conflitto.
Con riguardo alle prime, la disciplina, presupposto che la polifunzionalità degli intermediari è, di regola, fonte di conflitto, risponde alla ratio di consentire loro l'esercizio di servizi di investimento potenzialmente confliggenti: poiché la situazione di conflitto riguarda sempre l'individuo, la neutralità dell'operazione è garantita dalla circostanza che egli ignori l'esistenza di ulteriori interessi in conflitto con quelli del cliente.
Ciò è possibile mediante l'adozione, mutuata dalla tradizione dei sistemi di Common law, dei c.d. "Chine-se walls" vale a dire di strutture organizzative interne, funzionali ad evitare scambi di informazioni tra coloro che operano nei diversi settori dell'impresa.
È l'art. 56 del Regolamento intermediari che individua il contenuto degli obblighi organizzativi, imponendo agli intermediari autorizzati di adottare procedure interne finalizzate ad evitare lo scambio di informazioni fra settori dell'organizzazione aziendale ovvero con altre società del gruppo che prestano i servizi di negoziazione, di ricezione e trasmissione di ordini, di collocamento, e servizi accessori.
Avendo, invece, riguardo alle regole comportamentali, l'intermediario che versa in situazione di conflitto deve agire in modo da assicurare ai clienti "trasparenza ed equo trattamento".
In applicazione del principio di trasparenza, la normativa secondaria impone agli intermediari di vigilare per l'individuazione dei conflitti di interessi, facendo divieto agli intermediari autorizzati di effettuare operazioni con o per conto della propria clientela, se hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo, dalla prestazione congiunta di più servizi o da altri rapporti di affari propri o di società del gruppo, a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l'investitore sulla natura e l'estensione del loro interesse nell'operazione e l'investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto all'effettuazione dell'operazione.
Si ripropone così la regola generale del disclose or abstain: la violazione dell'obbligo di informazione costituisce violazione del principio di diligenza ed espone l'intermediario alla responsabilità per inadempimento.
Affinché il cliente sia in posto in grado di esprimersi validamente sul conflitto, si ritiene non sia sufficiente ad integrare la condizione di trasparenza la semplice notizia del conflitto, che va adeguata alle caratteristiche del cliente, e non soltanto alle sue conoscenze; occorre, per esempio, che vengano illustrate al cliente la pericolosità dell'investimento e i rischi collegati all'esistenza del conflitto.
Vero è, di contro, che si corre il rischio che un eccesso di informazioni di natura tecnica finiscano col disorientare il cliente.
Ambiguo è il principio indicato con equo trattamento: di certo con esso non si vuole far riferimento alla parità di trattamento tra le diverse gestioni, trattandosi in questo caso di prova della negligenza per conflitto.
Sembra invece s'intenda significare l'ipotesi in cui, in caso di conflitto, l'intermediario debba far prevalere l'interesse del cliente a scapito del proprio interesse. La nuova direttiva sui servizi di investimento ha dedicato una maggior attenzione alla disciplina di cui si ragiona, posto che la gamma sempre più ampia di attività che molte imprese di investimento ed enti creditizi esercitano simultaneamente, ha aumentato le possibilità che vi siano conflitti tra queste diverse attività e gli interessi dei clienti.
La disposizione di cui all'art. 18 della direttiva 2004/39/Ce impone in primo luogo alle imprese di investimento l'obbligo di identificare i conflitti di interesse che potrebbero insorgere al momento della prestazione dei servizi di investimento. Le imprese di investimento sono quindi tenute ad impedire che tali conflitti di interesse ledano gli interessi dei clienti, ovvero a predisporre meccanismi organizzativi e amministrativi che consentano di gestire questi conflitti di interesse in modo da impedire che arrechino pregiudizio agli interessi dei clienti.
Qualora l'impresa abbia tentato di gestire i conflitti di interesse predisponendo meccanismi organizzativi, senza però riuscire ad acquisire la ragionevole certezza che questi conflitti non presentino più alcun pregiudizio potenziale per gli interessi dei clienti, l'impresa è tenuta ad informare il cliente dell'esistenza di conflitti di interesse residui.