Violazione degli obblighi di regolare tenuta delle scritture contabili dell’amministratore ed ostruzione all’esercizio dei poteri di controllo del socio (Artt. 2625 e 2676 c.c.) - Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 47307/16 del 10/11/16
Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Salerno ha confermato la sentenza del 4 giugno 2013, con la quale il Tribunale della stessa città ha condannato I.G. alla pena di legge, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alle contestate aggravanti ed applicata la continuazione fra i reati di cui all’art. 2625, comma 2, cod. civ. (capo A) (per avere, quale amministratore della società "(omissis) s.r.l.", impedito ed ostacolato lo svolgimento delle attività di controllo e di verifica amministrativa della società e di informazione e consultazione legalmente attribuite al socio non amministratore G.M. , con le condotte descritte nella contestazione) e di cui agli artt. 388, 61 n. 2 e 81, comma 2, cod. pen. (capo B) (per avere, nella medesima qualità sopra delineata, al fine di sottrarsi dagli obblighi civili derivanti dall’ordinanza emessa ex art. 700 cod. proc. civ. in data 28 ottobre 2008 dal Tribunale di Salerno - con la quale gli veniva ordinato di far consultare al socio G.M. i libri sociali, contratti ed altri documenti -, compiuto gli atti fraudolenti precisati nel capo d’imputazione).
2. Ricorre avverso la sentenza I.G. , a mezzo del proprio difensore di fiducia Avv. Ludovico di Brita, e ne chiede l’annullamento per i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge penale in relazione all’art. 2625, comma 2, cod. civ. e vizio di motivazione, per avere la Corte d’appello richiamato acriticamente e per relationem il contenuto della motivazione della sentenza di primo grado ed omesso di rispondere alla specifica doglianza mossa nell’appello, con la quale si evidenziava che il "socio ostile" avrebbe potuto supplire all’inerzia dell’amministratore chiedendo l’ostensione dei documenti al collegio sindacale in carica. Il ricorrente rileva altresì che il reato oggetto di contestazione è incentrato sul danno casualmente collegato alla condotta di impedimento di un ostacolo, che costituisce il momento consumativo dal quale decorrono i termini per la proposizione della querela. Sotto diverso aspetto, pone in luce che il reato non è configurabile quando - come appunto nel caso di specie - sia previsto ed operante il collegio sindacale, che può surrogarsi nella ostensione documentale, nonché quando la condotta serbata dall’amministratore sia stata meramente omissiva, in quanto l’incriminazione sanziona una condotta necessariamente attiva.
2.2. Violazione di legge penale in relazione agli artt. 388 e 2 cod. pen., per avere la Corte errato nel ritenere l’inottemperanza da parte dell’amministratore di dare esecuzione al provvedimento emesso ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ. sussumibile sotto l’indicata incriminazione, nella formulazione vigente al momento di commissione del reato (id est nel 2009). Per altro verso, il ricorrente evidenzia che, nella specie, fanno comunque difetto gli atti simulati o fraudolenti al fine di sottrarsi all’adempimento degli obblighi nascenti dal provvedimento dell’autorità giudiziaria, avendo l’imputato posto in essere una condotta soltanto omissiva.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è destituito di fondamento sotto ogni profilo dedotto e va pertanto rigettato.
2. Con il primo motivo il ricorrente si duole della ritenuta integrazione del reato di cui all’art. 2625, primo comma, cod. civ..
2.1. Tale disposizione sanziona "gli amministratori che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, ad altri organi sociali alle società di revisione, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.329 Euro. Se la condotta ha cagionato un danno ai soci, si applica la reclusione fino ad un anno e si procede a querela della persona offesa". La disposizione si correla e, dunque, garantisce effettiva tutela al diritto sancito dall’art. 2476, comma secondo, cod. civ. - dei soci che non partecipino all’amministrazione ad "avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione", dunque i libri e le scritture indicate nell’art. 2478 cod. civ..
A tale proposito, occorre rilevare che, con la riforma del diritto societario ad opera del D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366), nel riscrivere e rinnovare la disciplina della società a responsabilità limitata, il legislatore ha ampliato il diritto di controllo del socio come delineata nell’art. 2476 cod. civ. ed, in particolare, ha riconosciuto al socio èstraneo all’amministrazione della società il diritto di accedere alle informazioni relative alla gestione ed amministrazione e dunque di esercitare un controllo personale e diretto sull’operato degli amministratori. Nella relazione Relazione illustrativa del decreto legislativo si legge "particolarmente significativa è inoltre la disciplina della responsabilità degli amministratori e la tutela in proposito riconosciuta dai soci nell’art. 2476 cod. civ. essa s’impernia sul principio secondo il quale, sulla base della struttura contrattuale della società, ad ogni socio è riconosciuto il diritto di ottenere notizie dagli amministratori in merito allo svolgimento degli affari sociali e di procedere ad una diretta ispezione dei libri sociali e dei documenti concernenti l’amministrazione della società".
D’altra parte, va rilevato come il disposto dell’art. 2476, comma secondo, cod. civ., non preveda alcuna limitazione o condizione all’esercizio del diritto di ispezione del socio ulteriore da quella che si tratti di "soci che non partecipano all’amministrazione". Detta facoltà si correla alla facoltà per i singoli soci, riconosciuta dall’art. 2476, comma terzo, cod. civ., di esercitare in forma individuale l’azione di responsabilità verso gli stessi amministratori. La stretta relazione fra diritto di ispezione ed esercizio dell’azione di responsabilità è confermata dalla citata Relazione nella quale, dopo avere dato atto del diritto del socio di accesso ai libri e documenti sociali, si osserva "da questa soluzione consegue coerentemente il potere di ciascun socio di promuovere l’azione sociale di responsabilità e di chiedere con essa la provvisoria revoca giudiziale dell’amministratore in caso di gravi irregolarità (art. 2476, comma terzo). Si tratta anche qui di una disciplina che corrisponde alla prospettiva secondo cui viene accentuato il significato contrattuale dei rapporti sociali".
Sulla scorta di quanto sopra l’intestatario di una quota della società a responsabilità limitata che non ricopra funzioni gestorie/amministrative in seno alla società, indipendentemente dalla quota sociale detenuta, è titolare iure proprio di un vero e proprio diritto potestativo ad avere pieno accesso a tutti gli atti concernenti l’amministrazione sociale, venendo pertanto ad assolvere ruolo fondamentale nella governace della società.
Come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, il reato proprio dell’art. 2625, primo comma, non tutela in via generale la partecipazione del socio alla vita societaria ed alle deliberazioni della società, ma è volto a presidiare in modo specifico le funzioni di controllo dal medesimo esercitabili sulla gestione ed amministrazione della società, con la conseguenza che non ogni attività societaria, cui venga impedito al socio di partecipare, può configurare violazione della norma di cui all’art. 2625 cod. civ., essendo necessario che l’impedimento attenga in modo specifico alle funzioni di controllo di regolarità della gestione (Sez. 5 n. 15641, del 27/02/2015, P.M. di Frosinone nei confronti di D’Itri, non massimata).
In considerazione dell’inequivoco dato testuale dell’art. 2625, comma primo, cod. civ., si deve ritenere che detta norma, là dove sanziona l’impedimento o l’ostacolo all’attività di controllo del socio mediante l’occultamento documentale od altri artifici, postuli una condotta necessariamente attiva dell’amministratore della società, attuata mediante la distrazione o distruzione dei documenti sociali ovvero mediante l’impiego di particolari espedienti volti a trarre in inganno.
2.2. Di tali coordinate ermeneutiche hanno fatto corretta applicazione i Giudici della cognizione là dove, dopo avere attentamente ricostruito i fatti oggetto del procedimento dando atto delle dichiarazioni rese dal consulente tecnico della Procura Dott.ssa F. , dell’Avv. Guido (difensore della persona offesa G.M. ) e del Prof. Marrone (giurista d’impresa e consulente del medesimo) (v. pagine 2 e seguenti della sentenza in verifica) -, hanno evidenziato che, come contestato sub capo a), l’imputato impediva scientemente, tramite apposizione di ostacoli e l’elaborazione di artifici, l’esercizio, da parte del G. , dei poteri ispettivi conferitigli dall’art. 2476, comma secondo, cod. civ. In particolare, la Corte ha evidenziato che - come testimoniato dal consulente tecnico del pubblico ministero - I. non si limitava a negare l’accesso agli atti relativi alla gestione sociale, come formalizzato con la nota scritta del 19 settembre 2008 di indisponibilità ad esibire i documenti richiesti, ma ometteva altresì di compilare i libri contenenti i verbali delle assemblee dei soci fino al 30 marzo 2007, di pubblicare i bilanci d’esercizio del 2006 e 2007, pur regolarmente approvati, di annotare nel verbale d’assemblea del 19 febbraio 2008 l’avvenuto mutamento dell’oggetto sociale della "(omissis) s.r.l.", disposto con una decisione unilaterale dell’amministratore I. senza previo assenza dei soci. Ciò allo scopo di occultare le operazioni compiute dall’imputato al fine di assicurare un finanziamento indiretto alla "I. Holding" facente capo al medesimo, in danno della società "(omissis) " e dei suoi soci (v. pagine 4 e 5 della sentenza).
Siffatte condotte venivano commesse dall’imputato in violazione degli specifici obblighi di regolare tenuta delle scritture contabili, a lui facenti capo quale amministratore della società, nonché in chiara ostruzione al legittimo esercizio dei poteri di controllo riconosciuti in capo al socio non amministratore dall’art. 2676, secondo comma, cod. civ. Contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, I. non si limitava, dunque, a negare al G. l’ostensione della documentazione contabile e societaria tenendo un contegno meramente passivo, ma poneva in essere una serie di condotte attive volte all’occultamento di parte dei documenti richiesti ovvero all’alterazione fraudolenta dei libri sociali.
2.4. D’altra parte, non può condividersi l’obiezione difensiva secondo la quale la fattispecie incriminatrice in oggetto non sarebbe integrabile nel caso in cui la società sia dotata di un collegio sindacale, in quanto in tale caso il socio avrebbe la possibilità di rivolgersi a detto collegio per ottenere l’accesso a tutta la documentazione richiesta all’amministratore.
Come si è sopra osservato sub paragrafo 2.1, il socio non amministratore è titolare di un vero e proprio diritto potestativo ad avere pieno accesso ai libri e documenti concernenti la gestione e l’amministrazione della società. Il potere ispettivo del socio non amministratore prescinde completamente dalla circostanza che la società sia dotata o meno di collegio sindacale. Anzi, nel nuovo impianto normativo in materia di società a responsabilità limitata, non è richiesta l’esistenza di detto collegio sindacale proprio perché a ciascuno socio è affidato il diritto di esercitare un controllo penetrante - "diffuso" - sull’operato degli amministratori, quale efficace strumento a tutela della corretta gestione della società. Come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, il diritto del socio non amministratore all’ostensione della contabilità e degli altri libri sociali ha carattere inderogabile da parte dell’amministratore anche in presenza del collegio sindacale.
2.5. Infine, quanto all’obiezione difensiva concernente la mancanza di un danno rilevante ai fini del secondo periodo dell’art. 2625, comma primo, cod. civ., i Giudici di merito hanno congruamente argomentato come, in capo al G. , sia ravvisabile il danno prescritto dall’incriminazione, in quanto cagionato dalle due operazioni finanziarie che coinvolgevano le società "(omissis) s.r.l.", la "MPS Leasing", la "Gea Tourist s.r.l." e la "I. Holding"; in particolare, dalla prima, con la quale fu realizzato un finanziamento indiretto ed ingiustificato di 626.823 Euro a favore della "I. Holding", con violazione della volontà espressa dei soci (v. pagine 4 e seguenti e 9 della sentenza).
D’altronde, come ha chiarito questa Suprema Corte, il diritto di querela per il reato di impedito controllo spetta a tutti i soci che abbiano subito un danno patrimoniale, indipendentemente dal fatto che questo sia stato immediatamente determinato dal comportamento degli amministratori ovvero indirettamente causato dal pregiudizio recato al patrimonio sociale dallo stesso comportamento (Sez. 5, n. 38393 del 16/04/2012, Baldoni, Rv. 253354).
2.6. Tirando le fila del ragionamento sopra svolto, si può dunque affermare che l’ipotesi delittuosa prevista dall’art. 2625, comma primo, cod. civ. - nel sanzionare la condotta dell’amministratore della società che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impedisca o comunque ostacoli lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, ad altri organi sociali alle società di revisione -, postula una condotta necessariamente attiva tesa ad intralciare le funzioni di controllo della regolarità della gestione; in particolare, il delitto è integrato allorché l’amministratore non si limiti a negare l’ostensione della documentazione contabile e societaria, ma ponga in essere operazioni volte ad occultare i documenti richiesti ovvero alteri fraudolentemente il contenuto dei libri contabili e/o dei verbali assembleari.
Il delitto di impedito controllo di cui all’art. 2625, comma primo, cod. civ. è integrato anche nel caso in cui la società sia dotata di un collegio sindacale, atteso che l’art. 2476, comma secondo, cod., civ., non prevede alcuna limitazione o condizione all’esercizio del diritto di ispezione dei soci diversa ed ulteriore da quella che si tratti di "soci che non partecipano all’amministrazione", diritto strettamente correlato alla facoltà, riconosciuta ai singoli soci dall’art. 2476, comma terzo, cod. civ., di esercitare in forma individuale l’azione di responsabilità verso gli stessi amministratori; ne discende che il diritto all’ostensione della contabilità e degli altri libri sociali del socio non amministratore ha carattere inderogabile da parte dell’amministratore anche in presenza del collegio sindacale.
3. È infondato anche il secondo motivo di ricorso concernente il reato di cui al capo B).
3.1. Dopo avere dato atto dei motivi d’appello ed in risposta alle doglianze ivi sollevate, la Corte distrettuale ha richiamato per relationem la sentenza di primo grado ed ha, quindi, illustrato le ragioni in fatto ed in diritto sulla scorta delle quali abbia ritenuto integrato il reato di cui all’art. 388 cod. pen.. In particolare, il Collegio d’appello ha correttamente rilevato come tale incriminazione non possa ritenersi esclusa dalla possibilità del socio di acquisire i dati richiesti consultando le banche dati, essendo quest’ultimo titolare di un diritto potestativo pieno all’ostensione dei libri e documenti societari, salva l’ipotesi di una richiesta meramente emulativa, insussistente nella specie (v. pagine 9 e 10 della sentenza).
Giuridicamente ineccepibile è dunque la decisione con la quale si è ritenuta integrare il reato di cui all’art. 388 cod. pen. l’inosservanza al provvedimento ex art. 700 cod. proc. civ. del 28 ottobre 2008 (col quale veniva ordinato allo I. di far consultare al socio G.M. i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione), là dove l’imputato non si limitava a negare l’accesso ai documenti richiesti, ma attuava condotte fraudolente, di natura commissiva e non meramente omissiva, per intralciare l’attività ispettiva del socio, condotte fraudolente iniziate già prima dell’avvio della procedura d’urgenza, col deposito del ricorso da parte del G. il 1 aprile 2008, e proseguite sino al sequestro dei documenti disposto dalla Procura.
3.2. Né v’è materia per sostenere che, prima della riforma con legge 15 luglio 2009, n. 94, art. 21, la violazione del provvedimento ex art. 700 cod. proc. civ. teso ad ordinare l’ostensione dei libri e della documentazione sociale non fosse sanzionabile ai sensi dell’art. 388 cod. pen..
Come questa Corte ha già avuto modo di chiarire pronunciandosi nel suo più ampio consesso, il mero rifiuto di ottemperare ai provvedimenti giudiziali previsti dall’art. 388, comma secondo, cod. pen. non costituisce comportamento elusivo penalmente rilevante, a meno che l’obbligo imposto non sia coattivamente ineseguibile, richiedendo la sua attuazione la necessaria collaborazione dell’obbligato: l’art. 388 cod. pen. non tutela, difatti, l’autorità in sé delle decisioni giurisdizionali, ma l’esigenza costituzionale di effettività di giurisdizione e la sanzione non segue una mera trasgressione all’ordine del giudice, bensì l’ostacolo all’effettiva possibilità di una sua esecuzione (Sez. U, n. 36692 del 27/09/2007, Vuocolo, Rv. 236937).
3.3. D’altra parte, è pacifico che, fra i provvedimenti del giudice civile che prescrivono misure cautelari la cui inosservanza è penalmente sanzionata dall’art. 388, comma 2, cod. pen., rientrano anche i provvedimenti di urgenza emessi a norma dell’art. 700 cod. pen., purché attinenti alla difesa della proprietà, del possesso o del credito (Sez. 2, n. 31192 del 16/04/2014, Castiglione, Rv. 259829).
Ora, non è revocabile in dubbio che l’ordinanza ex art. 700 cod. proc. civ. de qua rientri fra i provvedimenti a tutela della proprietà e del credito, in quanto volta ad assicurare protezione, per un verso, al diritto di proprietà sulle quote sociali; per altro verso, al diritto di credito, insito - quantomeno in astratto - nello status di socio, di vedersi attribuire allo scadere di ogni esercizio sociale, sotto forma di dividendo, gli utili maturati nello svolgimento dell’attività sociale, destinato a divenire concreto ed esigibile con la formalizzazione con delibera assembleare.
3.4. Deve dunque essere ribadito il principio secondo il quale integra il reato di cui all’art. 388, comma secondo, cod. pen., la condotta dell’amministratore che, in violazione del provvedimento di sequestro giudiziario delle quote dei soci accomandanti di una società gestita dall’imputato, opponga al custode giudiziario una condotta ostruzionistica - in particolare omettendo di consegnare i documenti contabili ed amministrativi - e così impedisca la ricostruzione dell’entità del patrimonio sociale, trattandosi di comportamento elusivo di un obbligo non coattivamente eseguibile (Sez. 6, n. 2267 del 12/03/2014 - dep. 16/01/2015, Agosta, Rv. 261796).
4. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.