25.11.2023 - Rilevante decisione in tema di mediazione / Disapplicazione della norma / Rilievo del Trattato UE (Tribunale Civile di Verona, nrg. 4665/2023).
Prima di esaminare le istanze del resistente (mutamento di rito e autorizzazione alla chiamata del terzo) occorre affrontare la causa sia soggetta a condizione di procedibilità, tenuto conto che la domanda di risarcimento danni avanzata dalla ricorrente, con ricorso depositato il 3 luglio 2023, si fonda sul prospettato inadempimento per negligenza e imperizia del convenuto, di professione avvocato, al contratto di prestazione d’opera professionale (assistenza giudiziale) che egli aveva concluso con la ricorrente in relazione alla controversia meglio descritta in ricorso, mandato di assistenza che gli era stato conferito.
La ricorrente, che si è posta il problema avendo dedicato ad esso un breve paragrafo del ricorso, ha escluso di dover osservare qualsiasi condizione di procedibilità sebbene abbia aggiunto di aver comunque inviato al resistente un invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita, che però non ha avuto riscontro.
Contrariamente a tale assunto però la controversia dovrebbe invece ritenersi soggetta a mediazione, alla luce del disposto dell’art. 5, comma 2, del d. lgs. 28/2010, come sostituito dall’art. 7, lett.e) del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, che ha ampliato, a decorrere dal 30 giugno 2023, il novero delle controversie che devono essere precedute da tale tipo di ADR, inserendovi anche quelle in materia di contratto d’opera, e quindi anche quelle, come la presente, in materia di contratto di prestazione d’opera intellettuale.
E’ opportuno anche chiarire che, se si dovesse arrivare alla predetta conclusione, la circostanza che la ricorrente abbia esperito la negoziazione assistita non la esimerebbe dal soddisfare la condizione di procedibilità poiché tale tipo di Adr non è alternativo alla mediazione per le controversie sopra elencate.
A ben vedere però va ribadito (si vedano sul punto l’ordinanza di questo giudice del 28.9.2017) come la norma in tema di mediazione sopra citata sia in contrasto con i principi fondamentali della Ue, a fortiori a seguito della entrata in vigore, il 15 novembre, del D.M. 24 ottobre 2023, n. 150, che, tra le altre cose, ha elevato gli importi delle spese per la mediazione, determinando un incremento dei complessivi costi che le parti devono sostenere per la mediazione obbligatoria e che, aspetto da non dimenticare, sono comprensivi di quelli per l’assistenza difensiva obbligatoria.
Per comprendere come si giunga a tale conclusione occorre rammentare che la Corte di Giustizia con la sentenza n. 457 del 14 giugno 2017 ha ribadito, in linea con la sentenza Alassini del 18 marzo 2010, quali siano i presupposti per poter ritenere compatibili con il principio comunitario della tutela giurisdizionaleeffettiva, sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, le forme di ADR obbligatoria, a prescindere dalla qualità soggettiva delle parti.
La Corte di Giustizia ha infatti affermato che un simile giudizio di compatibilità può essere espresso qualora la procedura soddisfi congiuntamente tutte le seguenti condizioni:
1) non conduca ad una decisione vincolante per le parti;
2) non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale;
3) sospenda la prescrizione o la decadenza dei diritti in questione;
4) non generi costi, ovvero generi costi non ingenti (“very low costs” e “frais peau importants” secondo le espressioni inglese e francese utilizzate dalla Corte di Giustizia), per le parti, a patto però che la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso a detta procedura di conciliazione e che sia possibile disporre di provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone.
Ciò detto, ad avviso di questo giudice, la disciplina nazionale della mediazione obbligatoria, come integata dal regolamento , non rispetta la penultima delle predette condizioni poiché, prevedendo anche l’assistenza difensiva obbligatoria (art. 8, comma 5, d. lgs. 28/2010) comporta dei costi non contenuti per le parti, tenuto conto dei criteri di determinazione del compenso di avvocato attualmente vigenti.
E’ vero che, stranamente, alla predetta previsione non è stata accompagnata quella sulle conseguenze della eventuale mancata assistenza difensiva ma, anche senza considerare l’unico precedente noto (Trib. Torino 30 marzo 2016), che ha ritenuto che, a fronte di una simile situazione, la condizione di procedibilità non è realizzata, di fatto gli organismi di mediazione richiedono che le parti si presentino agli incontri assistite dai loro avvocati e non danno corso alla procedura se ciò non accade.
Sul punto è allora opportuno innanzitutto evidenziare come la sentenza della Corte di Giustizia Ue n.457/2017, nel ribadire la necessità che la Adr obbligatoria determini costi non ingenti per le parti, non abbia inteso considerare le diverse modalità di svolgimento della procedura che possano essere state previste dalle leggi nazionali, lasciando così intendere che siffatto presupposto è imprescindibile.
Tale osservazione di carattere generale non pare essere smentita dal disposto dell’art. 141 quater, comma 4, lett. b), del d. lgs. 130/2015, che, in attuazione della corrispondente norma della direttiva 2013/11, esclude espressamente che nelle Adr di consumo i consumatori siano obbligati ad avvalersi di un avvocato.
Da esso infatti può desumersi che le norme nazionali che prevedono l’assistenza difensiva obbligatoria, in linea generale, sono compatibili con le procedure di Adr obbligatorie, ma sempre a condizione che non generino costi elevati.
Non è dubitabile poi che l'esborso al quale le parti sono tenute nei confronti dei rispettivi legali sia consistente se si considerano, in difetto della evidenza di un accordo sul punto, gli importi dei valori medi di liquidazione fissati dal D.M. 147/2022.
E' appena il caso di precisare poi che il costo per l’assistenza difensiva per le parti rimane significativo anche se il procedimento di mediazione dovesse concludersi al primo incontro tenuto conto che il suddetto regolamento non prevede nemmeno un compenso ridotto per l'avvocato che assista la parte in quella fase iniziale della procedura, di durata e impegno assai contenuti, cosicchè per la relativa quantificazione occorre far riferimento sempre ai sopra citati valori medi di liquidazione, da ridursi adeguatamente ma sempre con risultati di una certa consistenza.
Ad un contenimento dei costi di assistenza difensiva non può poi giovare il carattere ampiamente discrezionale dei parametri poiché esso, inevitabilmente, determina soluzioni diversificate mentre per raggiungere quell'obiettivo sarebbe necessaria la fissazione per via normativa di importi fissi inderogabili, ovvero una sorta di calmiere, analogamente a quanto è stato previsto per le spese di mediazione.
Si noti che proprio per tener conto dei suddetti aspetti il D.M. 180/2010 aveva stabilito marcate riduzioni del compenso per il mediatore per i casi in cui la mediazione costituissse condizione di procedibilità della domanda giudiziale (art. 16, comma 4, lettera d), del D.M. n. 180/2010) ed una indennità fissa, di importo esiguo, per l'ipotesi in cui il procedimento si arresti al primo incontro.
Il d.m. 150/2023 ha però introdotto, agli artt. da 28 a 32, significative novità anche in tema di critedi di determinazione delle spese e dei compensi per le attività di mediazione.
Infatti ha previsto che si debbano versare per la sola partecipazione al primo incontro, oltre, alle spese vive le spese di avvio, variabili, in base al valore della lite, da euro 40 ad euro 110,00, e le spese di mediazione, comprendenti il compenso del mediatore, variabili, in base al valore della lite, da euro 60,00 ad euro 170,00.
Tali importi vanno ridotti di un quinto quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda o quando è demandata dal giudice.
Orbene, anche tenendo conto di tale riduzione, il costo della mediazione che si arrestasse al primo incontro varia da un minimo di euro 364,00 (euro 80 per le spese della mediazione, senza spese vive, oltre ad euro 284,00 per il compenso per il difensore per la fase di attivazione) per le controversie di valore più basso ad un massimo di euro 1.596,00 (euro 226,00 per le spese della mediazione, senza spese vive, oltre ad euro 1.370,00 per il compenso del difensore per la fase di attivazione) per le controversie di valore più elevato.
Nel caso di specie, in considerazione del valore della controversia, sarebbe di euro 1.234,00.
Nessuno dei predetti importi si può però considerare poco significativo nel senso indicato dalla Corte di Giustizia.
Val la pena poi evidenziare che non può influire su tale valutazione la possibile obiezione che, per stimare la convenienza economica della mediazione, occorre tener conto del fatto che le spese sostenute per essa sono utilizzabli come credito di imposta anche in caso di insuccesso della procedura.
Infatti in tale ipotesi il credito massimo riconoscibile è di euro 250,00 ma la sua concreta determinazione dipende dal valore della controversia, dalla disponibilità di fondi da parte dello Stato e dal numero delle richieste.
Si tratta quindi di una posta incerta sia nell’an che nel quantum mentre il costo che la parte deve sostenere è effettivo e immediato.
Né potrebbe validamente obiettarsi, al fine di escludere la rilevanza del profilo in esame, che i costi sostenuti per la mediazione possono essere recuperati dalla parte che, dopo avervi preso parte, risulti vittoriosa nel successivo giudizio o, in alternativa, in virtù di una transazione raggiunta con la controparte poiché tali esiti sono incerti nell’an e nel quando mentre ciò che la Corte di Giustizia, con le indicazioni sopra riportate, ha inteso evitare è che ciascuna delle parti che partecipano alla procedura di Adr debba sostenere un onere economico immediato, o meglio, sia gravata dalla relativa obbligazione.
Alla luce delle superiori considerazioni la norma che viene qui in rilievo (art. 5, comma 1, d. lgs. 28/2010), essendo fonte, sia pure indiretta, di costi non contenuti per le parti, va disapplicata in quanto in contrasto con l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
Tutti i profili fin qui evidenziati non sono stati esaminati dalle decisioni della Corte Costituzionale che hanno dichiarato non fondate alcune questioni di legittimità costituzionale della disciplina in tema di negoziazione assistita e in ogni caso la norma del trattato Ue sopra citata è sovraordinata rispetto a quelle costituzionali che possono venire in rilievo nel caso di specie.
Venendo ora ad esaminare le istanze del resistente non si ravvisano, alla luce delle allegazioni delle parti, i presupposti per fissare udienza ex art. 183 c.p.c. mentre va autorizzata la chiamata del terzo.
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