IL CASO CIRIO (Avv. Antonio Chicoli)

IL CASO CIRIO (Avv. Antonio Chicoli)

Nel novembre 2002 la società olandese Cirio Finance Luxemburg, facente parte del Gruppo Cirio, dichiarava la propria incapacità al rimborso del prestito obbligazionario emesso in data 03 novembre 2000 per un ammontare complessivo di euro 150 milioni e con scadenza prevista per la data del 03 novembre 2002.

In data 07 novembre 2002 il Trustee inglese Law Debenture annunciava il default di tale obbligazione. A seguito di tale dichiarazione si era manifestato il forte pericolo che il Trustee inglese potesse dichiarare – quale facoltà espressamente attribuitagli - il cross default dei complessivi prestiti obbligazionari emessi dal Gruppo Cirio nel corso degli anni, che avrebbe quindi comportato l’estensione dello status di esigibilità immediata a tutti i bond contemporaneamente, a prescindere dalla durata prevista, ed a seguito del verificarsi della prima inadempienza.

Nell’arco temporale incluso tra il 30 maggio 2000 ed il 31 maggio 2002 le società riconducibili al Gruppo Cirio avevano emesso sette differenti titoli obbligazionari, per diversi importi e con differenti scadenze, per un valore complessivo di euro 1.125,00 milioni.

In particolare risultavano essere stati collocati strumenti obbligazionari in data 30/05/2000 (società emittente CIRIO FINANCE LUXEMBURG), in data 22/01/2001 (società emittente FINANZIARIA SPA), in data 06/02/2001 – 12/06/2001 (società emittente CIRIO HOLDING LUXEMBURG SA), in data 24/05/2001 (società emittente DEL MONTE FINANCE LUXEMBURG SA), in data 14/03/2002 (società emittente CIRIO DEL MONTE NV), in data 31/05/2002 (società emittente CIRIO DEL MONTE NV).

In soli due anni quindi il Gruppo Cirio ha fatto ricorso a tali strumenti per procurarsi i capitali necessari al fine di ridimensionare l’esposizione debitoria verificatasi a seguito di una continua espansione in differenti settori: si consideri infatti che dal 1991 al 1998 il Gruppo si è notevolmente accresciuto a seguito di continue acquisizioni di società appartenenti a diversi campi (Luiss, Ceradi Centro di ricerca per il diritto d’impresa, “La tutela dell’investitore: i casi Lloyd’s TSB Cirio” di M.K. Di Staso).
La procedura seguita per l’emissione delle differenti tipologie di bond Cirio è sempre stata la medesima. Si tratta di un procedimento che non risulta riconducibile né alle emissioni con offerta pubblica di vendita sul mercato italiano (con conseguente obbligo di redazione di un prospetto informativo da sottoporre all’approvazione della Consob), né alle emissioni sul mercato internazionale cui consegue la necessità di dotare l’obbligazione di un rating ufficiale di merito credito assegnato da una delle tre principali agenzie (Moody’s, Fitch, Standard & Poor’s).

Nella fattispecie in esame si è seguita una procedura la quale prevede in primis l’indicazione della legislazione di riferimento (nella fattispecie dei bonds Cirio la legge di riferimento era quella inglese, mentre le emissioni sono avvenute in Lussemburgo) e la nomina di un trustee (Law Debenture nell’ipotesi in esame), cioè una società fiduciaria privata che svolga, se la situazione lo richiede, il compito di tutelare e rappresentare gli obbligazionisti e che provvede ad annunciare il default come nel caso dei bonds Cirio.

Successivamente ai primi adempimenti sopra descritti, la società emittente assegna un mandato ad una o più banche d’investimento - lead managers - che hanno il compito di comporre il Consorzio di Collocamento e Garanzia costituito da investitori istituzionali. I lead managers inoltre fissano il prezzo delle obbligazioni, la data del lancio e contestualmente redigono l’Offering Circular, il quale – pur non potendo essere considerato un prospetto informativo – contiene comunque informazioni relative alla società emittente ed ai garanti e viene distribuito agli investitori istituzionali che ne facciano richiesta. Il titolo obbligazionario viene quindi negoziato nel c.d. mercato grigio, mercato non ufficiale nel quale vengono contrattati titoli di prossima emissione.

Nell’offering circular che ha accompagnato l’emissione delle obbligazioni Cirio, i lead managers si impegnavano a non offrirle in sollecitazione del pubblico risparmio - il collocamento presso privati risparmiatori avrebbe potuto giustificarsi solo se avvenuto sulla base di trattative personalizzate e su esplicita richiesta del cliente - e a collocarle esclusivamente presso investitori professionali.

D’altra parte il tecnicismo delle informazioni di regola contenute nell’Offering Circular – a prescindere comunque dalla circostanza che il medesimo documento sia stato distribuito soltanto agli investitori istituzionali che ne abbiano fatto richiesta - non risulterebbe di agevole comprensione per un privato investitore.

A ciò si aggiunga che le obbligazioni Cirio – al fine di evidenziare come non potessero essere indirizzate ad un pubblico di risparmiatori privati ma ad investitori qualificati e dotati di conoscenze specifiche – sono state emesse senza un rating ufficiale, ad opera di una delle tre principali agenzie, ma sono state valutate solamente dalle banche capofila dei collocamenti, le quali hanno identificato il rischio di credito tra la categoria BB- (ove BB indica nell’immediatezza minore vulnerabilità al rischio di insolvenza di altre emissioni speculative, tuttavia grande incertezza ed esposizione ad avverse condizioni economiche, finanziarie e settoriali) e la categoria B (che indica carattere speculativo del titolo relativamente al pagamento alla scadenza fissa), successivamente ribassato alla categoria C (che indica Titoli il cui rimborso alla scadenza è dubbio), a seguito della costante richiesta dei risparmiatori che ha contribuito ad aumentare l’esposizione debitoria dell’intero Gruppo societario. Si consideri che il ribasso delle obbligazioni è sempre stato in aumento e nell’ aprile del 2001, l’emissione delle obbligazioni Del Monte con scadenza quinquennale aveva una rendita pari soltanto ad una percentuale dell’1,88% sopra l’Euribor.

Alla luce della complessa procedura sopra descritta, appare difficile ritenere che i singoli risparmiatori fossero in grado di conoscere e di commissionare alle banche l’acquisto di titoli in ordine ai quali nemmeno era stato emesso il prospetto informativo e nel corso del c.d. mercato grigio (grey market) le cui operazioni sono tipiche di operatori qualificati.

Il grey market rappresenta una fase in cui le negoziazioni sono subordinate alla circostanza che l’operazione venga effettivamente realizzata nei termini previsti; in caso contrario, qualora il lead menager, d’intesa con la società emittente ritenga opportuno ritirare le obbligazioni entro la chiusura del collocamento, tutte le negoziazioni realizzatesi nel mercato grigio diventano prive di efficacia. In tale fase non è infrequente che le informazioni relative alle singole emissioni negoziate non siano particolarmente ampie ed esaustive, mentre d’altro canto vi è l’esigenza che gli intermediari che negozino con i risparmiatori privati siano adeguatamente organizzati al fine di fornire comunque ai clienti le informazioni prescritte ed al fine di valutare correttamente l’adeguatezza degli investimenti effettuati dalla clientela.

Nonostante le obbligazioni Cirio fossero rivolte – anche per i motivi sopra esposti - solo ad investitori istituzionali, si rileva che alla data della dichiarazione di default oltre 35.000 risparmiatori privati erano in possesso di obbligazioni Cirio, mentre tra i destinatari effettivi di tali titoli la diffusione era stata notevolmente ridotta. Naturale conseguenza di tale circostanza sono state le accuse mosse alle banche in ordine ad una eventuale responsabilità delle medesime per aver provveduto a collocare i titoli tra i risparmiatori privati in difetto di ogni necessaria precauzione.

In particolare, nelle numerose pronunce giudiziali che hanno condotto al riconoscimento di una responsabilità in capo alle banche per il collocamento dei titoli obbligazionari Cirio, gli intermediari sono stati ritenuti inadempienti circa l’obbligo di fornire informazioni alla clientela ex art. 28 Delibera Consob n. 11522 del 01/07/1998, obbligo che – nella considerazione della particolare natura delle obbligazioni negoziate: emesse da un società non soggetta al diritto italiano, assistite solo da una offering circular adatta alla comprensione dei soli investitori professionali, non quotate in borsa né in altri mercati regolamentati italiani, né ancora soggette ad rating ufficiale – era particolarmente rigoroso.

Così difatti la giurisprudenza sul punto (Tribunale di Palermo, sez. III, sent. del 16/03/2005): “In considerazione del profondo divario di informazioni e cognizioni tecniche possedute dalle parti, con il mandante in posizione di netto svantaggio sul mandatario, quest'ultimo è tenuto, usando della diligenza del professionista avveduto, ad indirizzare le scelte del risparmiatore ed a segnalargli l'eventuale inadeguatezza delle operazioni che intenda comunque compiere, illustrandogliene i motivi. Le regole che sovrintendono la fase immanente al contratto e prodromica al compimento delle singole operazioni, denominate con terminologia inglese come know your merchandise rule, know yuor customer rule e suilability rule, sono codificate rispettivamente dall'art. 26 comma I lett. e) reg. consob 11522/98, dagli artt. 21 comma I lett. b) T.U.F. e 28 comma I lett. a) reg. Consob n. 11522/98 e dall'art. 29 comma I reg. Consob 11522/98. ed impongono all'intermediario finanziario di:
- acquisire un'adeguata conoscenza degli strumenti finanziari, dei servizi e dei prodotti diversi, propri o di terzi;

- raccogliere informazioni necessarie dai clienti, richiedendo all'investitore - anche mediante moduli prestampati il cui utilizzo è stato legittimato dalla Consob - informazioni sulla sua esperienza in materia di investimenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, la sua propensione al rischio. annotando l'eventuale rifiuto del cliente a rendere le risposte;
- astenersi dall'effettuare con o per conto degli investitori operazioni, anche se espressamente impartite dal cliente, rispetto a costui non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza e dimensione, salvo la ripetizione scritta dell'ordine preceduta dall'esplicazione delle ragioni di inadeguatezza”.

La menzionata normativa Consob pone a carico degli intermediari un obbligo che si spinge ben oltre la semplice informazione sui prodotti da loro offerti, e che si estende alla loro provenienza, alla situazione degli stessi nei mercati, alla destinazione tra il pubblico dei consumatori. Ciò in quanto si tratta di conoscenza che l'investitore risparmiatore, per esperienza, per cultura o per diverso campo lavorativo non potrà mai acquisire e quindi deve essere tutelato dagli intermediari, che devono dunque tenere un comportamento rispondente al "need of protection" degli investitori non professionali (Tribunale di Genova, sez. I, sent. del 15/03/2005). L’assenza di un rating ufficiale dei titoli, e cioè di una obiettiva valutazione del rischio di credito avrebbe dovuto consigliare l'intermediario, di procurarsi una effettiva conoscenza dei prodotti finanziari negoziati, al di là di quella ricavabile dalle notizie da chiunque acquisibili sulla stampa specializzata o con la mera lettura dei bilanci sociali (Tribunale di Roma, Sez. IX, sent. dell’11/03/2005).

L’obbligo di valutare l’adeguatezza dell’operazione è molto rigoroso quando si tratta di prodotti non destinati ad una clientela di soggetti privati e l’intermediario ne è esonerato solo nell’ipotesi in cui il servizio prestato si limiti alla mera esecuzione o trasmissione degli ordini dell’investitore, senza che sia stata fornita dall’intermediario alcuna indicazione circa le operazioni da effettuare (c.d. execution olny) (Tribunale di Genova, Sez. I sent. del 12/04/2005; Tribunale di Genova, Sez. I, sent. del 22/04/2005).
La circostanza poi che all'investitore sia stato consegnato il documento sui rischi generali degli investimenti finanziari non è sufficiente a soddisfare l’esigenza di tutela del risparmiatore, trattandosi di informativa del tutto generica che non garantisce quella conoscenza concreta ed effettiva del titolo negoziato che l'intermediario deve assicurare in modo da rendere il cliente capace di tutelare il proprio interesse.                   Ne’ ancora la circostanza che l’investitore abbia rifiutato di fornire informazioni sulla propria situazione patrimoniale o finanziaria, obbiettivi d’investimento e propensione al rischio, esonera l’intermediario dal compiere un giudizio circa la eventuale inadeguatezza dell’investimento, dovendo compiere tale valutazione sulla base delle notizie di cui l’intermediario sia in possesso (età, professione, presumibile propensione al rischio anche alla luce della pregressa ed abituale operatività, situazione di mercato).
La violazione degli obblighi contrattuali in capo agli intermediari – con particolare riguardo alla violazione dell’obbligo di informazione verso la clientela - determina la nullità dell'operazione eseguita. “La sanzione non è posta espressamente dalla norma, ma si ricava agevolmente secondo quanto con continuità affermato dalla giurisprudenza di legittimità e di merito (Cass. 7.3.2001 n. 3272, Trib. Treviso 26.11-16.12.2004, Trib. Mantova 12.11.2004, Trib. Taranto 27.10.2004), proprio in considerazione degli interessi pubblicistici, anche di rango costituzionale (art. 47 Cost.) che l'impianto normativo mira a tutelare, identificabili nella tutela dei risparmiatori uti singuli, del risparmio pubblico, come elemento di valore dell'economia nazionale, della stabilità del sistema finanziario, dell'efficienza del mercato dei valori mobiliari, con vantaggi per le imprese e per la economia pubblica (in questi termini, ancorché con riferimento ad altra norma della disciplina dell'intermediazione finanziaria, Cass. 7. 3.2001 n, 3272)” (Tribunale di Palermo, Sez. III, sent. del 16/03/2005).
Quanto al danno subito dall’investitore a seguito del comportamento tenuto dall’intermediario, questo viene identificato proprio nel default in relazione alle obbligazioni emesse, ossia l’essersi determinata l'assoluta incertezza in ordine al recupero del capitale investito, da parte del risparmiatore (Tribunale di Genova, sez. I, sent. del 15/03/2005), con conseguente obbligo in capo all’intermediario di ripetizione degli importi investiti.

In sintesi, la negoziazione dei prodotti finanziari deve avvenire secondo regole di diligenza, correttezza e trasparenza nell'interesse dei clienti, specificate nel d. lgs. 58/1998 (Testo Unico Finanziario) e nel Regolamento Consob n. 11522/98, regole precise e dettagliate, in quanto i doveri di informazione richiesti agli intermediari si pongono come obbligazioni di carattere primario, il cui adempimento deve essere valutato a stregua dell'art. 1176, comma 2 c.c. nel quale è indicato il criterio di determinazione della specifica diligenza richiesta nell'adempimento da parte di chi svolge attività professionale. Una eventuale violazione delle disposizioni menzionate determina la nullità del contratto originariamente intercorso tra le parti, o comunque la risoluzione del medesimo per inadempimento dell’intermediario, con il risarcimento dei danni subiti dall’investitore.